Startup innovative? Oltre metà senza un sito web. I dati del report di Instilla
Il rapporto fra startup e web? Dovrebbe essere strettissimo, ma la realtà italiana non sembra andare in questa direzione. Soltanto il 49,7% delle imprese iscritte al registro delle startup innovative, infatti, ha un sito internet attivo. Sono meno della metà: appena 3.760 su 7.568. I numeri, che qualche riflessione dovrebbero suggerirla, sono stati elaborati da Instilla, società web milanese che ha redatto, con la collaborazione di Nuvolab, SpazioDati, Semrush, Emil Abirascid, il Report Startup SEO 2017, seconda edizione di una ricerca sulla qualità dei siti web delle startup italiane, che si può sfogliare integralmente a questo link.
Più incoraggiante la situazione sul fronte del mobile: quasi il 90% dei siti web funzionanti è anche ottimizzato per la visualizzazione da smartphone. Anche in questo caso, però, non mancano le criticità, perché ad esempio i siti con una sufficiente velocità di caricamento pagine da smartphone sono poco più del 30%.
Già la prima edizione del report di Instilla, pubblicato due anni fa, nel 2016, su dati relativi al 2015, fece piuttosto scalpore perché mise in luce le mancanze strutturali della presenza online delle startup italiane, tanto da essere citata anche dal documento del ministero dello Sviluppo economico a supporto della relazione al Parlamento sulla legge che nel 2012 ha istituito il concetto normativo di startup innovativa.
Questa volta la ricerca è ancora più approfondita ed estesa. Si è svolta nell’arco del 2017 e presenta i dati sia relativi alle startup iscritte al sopra citato registro di Stato, sia alle startup che sono supportate da “facilitatori” dell’ecosistema italiano (investitori, incubatori, acceleratori). La dicotomia tra i due campioni è significativa perché comprende sia startup che fanno parte di entrambi i gruppi: iscritte al registro di Stato e supportate da facilitatori; sia startup che fanno parte di uno solo dei due gruppi: iscritte al registro ma non facilitate, e facilitate ma non iscritte al registro.
Le startup facilitate dagli operatori del settore presentano dati migliori: l’86,7% di esse ha un sito funzionante, contro il 49,7% di quelle iscritte al registro delle startup innovative, anche se i margini di miglioramento continuano a essere consistenti. Sulla base dei dati raccolti nell’estate 2017, fra acceleratori e incubatori, quelli che ospitano più startup con una presenza web di qualità sono 42 Accelerator di Torino (con l’80% di startup il cui sito è almeno a un livello base) che però di recente ha chiuso i battenti, eBOOX e RedSeed Ventures di Milano (66,7%), Industrio Ventures di Rovereto (62,5%). Dal punto di vista geografico, spiccano le startup del Molise (il 30,8% ha un sito ottimizzato, era il 10% nella precedente rilevazione), seguite da Trentino-Alto Adige (18,7%) e Emilia Romagna (17,1%).
«Avere un sito internet significa moltiplicare le opportunità di crescita ma anche essere in competizione diretta con il mondo intero – afferma Alessio Pisa, CEO di Instilla -, una competizione che conta quasi due miliardi di player intesi come altrettanti siti. I parametri presi in esame in questo report sono solo alcuni dei requisiti base che un sito deve avere per essere trovato sui motori di ricerca sia da chi vuol trovare un numero di telefono sia, soprattutto, da chi vuol conoscere i servizi che un’azienda o una startup offre. Non rispondere a questi requisiti è come aprire un negozio nel centro di una metropoli e dimenticarsi di montare l’insegna, sperando che qualcuno di interessato entri a farci visita; tutto questo affacciati sulla strada più trafficata e affollata al mondo».
«Non tutte le startup sono uguali quando si parla di digitale, ma nemmeno sono uguali tutti gli incubatori e investitori che le aiutano – enfatizza Francesco Inguscio, CEO di Nuvolab, il venture accelerator che supporta Instilla –. Questa analisi per la prima volta aiuta a fare chiarezza sulla qualità digitale dei portafogli degli operatori del nostro settore, fornendo preziose indicazioni sulle aree di miglioramento per tutti noi player dell’ecosistema».