Dalle dotcom a Nana Bianca, i segreti dei successi di Paolo Barberis

I primi successi di Paolo Barberis vengono dai tempi delle Dotcom. Era il ’95 quando con Angelo Falchetti, Jacopo Marello, Alessandro Sordi fonda Dada, azienda specializzata nei servizi di registrazione di nomi a dominio, hosting, email, server e cloud,  che poi riesce a quotare in Borsa. La lascia nel 2011 per fondare, con le stesse persone, Nana Bianca, il primo startup studio in Italia, in un’epoca durante la quale di startup studio non si parla ancora. Nel frattempo è uno dei founder di Iab ed entra a far parte del Team per la Trasformazione Digitale della presidenza del Consiglio dei ministri.

Dopo essere stato un antesignano delle startup, lo è stato anche degli startup studio. Con che obiettivi ha fondato Nana Bianca?

“In prima battuta volevamo continuare a fare ciò che facevamo in Dada dove avevamo il Dadalab, un laboratorio in cui partivano nuovi prodotti e idee. Così abbiamo aperto Nana Bianca per costruire startup che avevamo in mente o accelerare team che avevano idee di business”.

Sembra aver funzionato: Nana Bianca è oggi uno dei pilastri del sistema startup in Italia…

“Non siamo un fondo, né un vero e proprio incubatore, ma una società di tecnologia specializzata nei settori digital marketing e e-commerce e un ecosistema di innovazione che crea opportunità di nuovi business e open innovation. Inoltre abbiamo lo scopo di portare l’innovazione sul territorio, a Firenze”.

In che modo?

“Insieme a Fondazione CR Firenze abbiamo restaurato un vecchio granaio mediceo in cui ora ci siamo noi con un coworking di 450 posti, un piano aperto alla città e la scuola di alta formazione informatica 42 Firenze. Portiamo innovazione alla città e al territorio. Da una parte c’è lo startup studio in cui facciamo matching con team come noi. Poi abbiamo il programma di accelerazione Hubble che da 10 anni ogni anno seleziona 10 startup che ricevono grant e programmi di affiancamento”.

Come siete cresciuti?

“Alcune aziende create all’inizio sono andate molte bene e ci hanno permesso di finanziare le successive”.

Degli esempi concreti?

“Un caso di successo è Viralize, la piattaforma tecnologica di video advertising rivolta a tutti gli attori del digital video, acquistata da Digital Heroes per 17 milioni di euro. Oppure, per esempio, abbiamo investito in Depop in fase seed, molto prima che divenisse un unicorno. Depop permette di vendere e acquistare vestiti, scarpe e accessori nuovi e di seconda mano, acquistata dal colosso americano Etsy.com per 1,63 Miliardi di dollari. Abbiamo costituito vino.com che sta crescendo moltissimo. Nel 2017 hanno messo le radici in Nana Bianca 4books, la piattaforma edtech online italiana per preparare al futuro, nata in collaborazione con l’imprenditore digitale Marco Montemagno. Tra i casi di successo abbiamo anche Rifò, circular economy startup con distribuzione e vendita online di una linea propria di abbigliamento sostenibile realizzata con fibre rigenerate che risparmiano acqua e sostanze chimiche dannose per l’ambiente, e Tate, fornitore di luce e gas interamente digitale che offre energia da fonti rinnovabili e consente di misurare l’impatto ambientale della propria casa”.

Quali sono invece le startup alle prime fasi più promettenti?

“Segnalerei Purilian, accelerata da appena un anno. Fornisce contenuti musicali per ambienti di vendita. I contenuti sono interamente composti, prodotti e distribuiti utilizzando una tecnologia innovativa proprietaria che attraverso l’intelligenza artificiale automatizza la produzione e l’erogazione di contenuti musicali specifici e personalizzati in tempo reale. Tecnologia molto valida è quella sviluppata da Equixly, piattaforma di penetration testing guidata dall’intelligenza artificiale, che ha chiuso un round di finanziamento seed da 1,5 milioni di euro guidato da 360 Capital”.

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