AI e marketing, l'indagine: il machine learning applicato in 9 aziende su 10, ma una su due usa male i dati
Applicata, in ambito marketing, da quasi tutte le aziende, l’intelligenza artificiale è però sfruttata solo in alcune ridotte funzionalità: le tecnologie basate sull’apprendimento automatico o machine learning sono utilizzate in modo limitato e inefficace dalle imprese e il loro potenziale è spesso ignorato o trascurato.
Se 9 aziende su 10 utilizzano queste tecnologie per estrarre valore dai dati, meno della metà delle imprese (46%) le impiega per ottimizzare le campagne di advertising, una percentuale analoga le adotta per creare prodotti raccomandati e poco più di un terzo (35%) fa uso dell’intelligenza artificiale per personalizzare il sito web. È questa una delle evidenze emerse dalla pubblicazione del white paper della società di consulenza tecnologica Making Science dal titolo “Trarre il massimo potenziale dai dati: la sfida delle aziende”.
Il documento (disponibile online a questo link) restituisce i risultati di un’indagine a campione che ha coinvolto 601 decision-maker nel marketing attivi nel nostro Paese, equamente ripartiti fra tre settori: servizi finanziari, retail ed e-commerce, turismo, con aziende di diverse classi dimensionali.
Il marketing predittivo usato solo nel 39% delle imprese
La fotografia – simile a quella restituita da analoghe rilevazioni effettuate dalla società di consulenza tecnologica e marketing digitale in Francia e UK, oggetto della pubblicazione di altri due distinti white paper – propone un quadro segnato da tanti elementi di criticità: il ricorso all’attivazione dei dati in ambito marketing appare ormai come diffuso e quasi universalmente acquisito, tanto che solo il 6% del campione dichiara che nella propria azienda non vengono attivati i dati, ma solo un 39% dei marketer intervistati sfrutta i dati in ottica predittiva e un altro 37% ricorre a servizi di misurazione avanzata come BigQuery. Nel 52% dei casi l’impiego dei dati è molto limitato: l’attivazione è infatti limitata ad analisi generali.
Lo “sfruttamento” ancora limitato dell’AI fa il paio con i limiti che emergono nella prima parte della ricerca per quanto riguarda l’archiviazione e la gestione dei dati: oltre la metà del campione (54%) ammette di misurare dati provenienti da fonti diverse in silos, ovvero in maniera isolata, mentre il 7% non misura affatto i propri dati.
Quasi tre quinti delle aziende (58%) si avvalgono di piattaforme esterne per l’integrazione dei dati, mentre oltre un terzo (il 34%) ricorre a sistemi interni su misura. Tuttavia, il fatto che alcune imprese (12%) ritengano di non disporre delle funzionalità e delle competenze necessarie, o nemmeno dei dati necessari (3%), mentre in un 38% delle realtà eventuali discrepanze fra diverse piattaforme vengono monitorate ancora manualmente, evidenzia l’esistenza di sostanziali problemi a livello di infrastruttura dei dati.
Tra processi inefficienti e limiti infrastrutturali
«I dati del white paper, ora pubblicato per la prima volta integralmente – spiega Victor Vassallo, managing director di Making Science Italia – confermano come siano ancora poche le realtà che sfruttano appieno i propri dati. Troppi finiscono con il prendere decisioni sulla base di silos di dati e informazioni approssimative, ignorando le potenzialità e le opportunità che si aprirebbero con l’adozione di sistemi avanzati in grado di prevenire processi inefficienti e lacune infrastrutturali e capaci di estrarre, armonizzare e unificare tutti i dati relativi alle attività di marketing».
I ritardi del settore retail
Le imprese del settore retail in linea generale appaiono meno “pronte” rispetto a quelle degli altri due settori censiti dalla ricerca: se nel turismo e nei servizi finanziari la quota di imprese che in ambito marketing non impiega in nessuna applicazione il machine learning è del 6%, nel caso del retail sale al 14%; in quest’ultimo settore sono il 9% le realtà che non attivano in nessuna misura i loro dati contro un 6% delle aziende del travel e un 3% delle realtà del settore finanza.
Anche per quanto riguarda la compliance al GDPR molto resta ancora da fare: se la maggior parte delle aziende si sono mosse per recepire in toto o in parte le novità in materia di protezione dei dati, un 3% dei marketer non ha mai sentito parlare del Regolamento generale sulla protezione dei dati, un altro 3% ha scelto deliberatamente di ignorarlo e un 12% ancora oggi dichiara di ignorare se il GDPR vada applicato o meno alla propria realtà.
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