L'innovazione diseguale: il conflitto centri-periferie nel libro di Buciuni e Corò

L’innovazione tende ad essere diseguale, e questo comporta dei rischi. Per l’economia e per la democrazia. È il succo del saggio  «Periferie Competitive – Lo sviluppo dei territori nell’economia della conoscenza» (Il Mulino, 2023), scritto da Giulio Buciuni, direttore del Master in Entrepreneurship al Trinity College di Dublino, e Giancarlo Corò, professore ordinario di Economia applicata all’Università Ca’ Foscari di Venezia.

I due prendono in esame le dimensioni e le principali ragioni della divergenza tra centri e periferie, che costituisce una delle più insidiose forme di diseguaglianza nelle economie avanzate, mettendone a rischio l’assetto democratico. «Se non si troveranno soluzioni credibili alla tendenza verso la polarizzazione delle attività innovative in poche grandi città – si legge in apertura del libro –, la crescita delle disuguaglianze rischia di mettere in crisi quel modello di capitalismo imprenditoriale che abbiamo conosciuto nelle democrazie liberali».

Ceti medi e vendetta dei luoghi che non contano

Secondo le evidenze fornite dagli autori, il modello di sviluppo economico basato sull’innovazione ha in realtà premiato un numero ristretto di luoghi – dalla Silicon Valley a New York, da Londra a Dublino, da Berlino a Milano – in cui si sono concentrati i migliori talenti e il capitale finanziario. Questo modello ha tuttavia raggiunto un punto di rottura. La minore possibilità di accesso dei ceti medi ai vantaggi economici e sociali dell’innovazione ha minato la coesione sociale, alimentando quel risentimento politico che l’economista Andrès Rodriguez-Pose ha riassunto come «la vendetta dei luoghi che non contano».

Periferie competitive

«Molti si attendevano che i processi di digitalizzazione dell’economia avrebbero diffuso le opportunità di crescita, riducendo la distanza tra aree centrali e periferiche», affermano Buciuni e Corò. «La realtà è stata molto diversa, con una accentuazione dei divari tra centri metropolitani e aree periferiche che ha creato fratture sociali e politiche sempre più difficili da rimarginare. Da un lato città attrattive e progressiste, dove accorrono i talenti e si concentra il capitale finanziario, dall’altro periferie urbane e rurali nelle quali si è perso il senso del futuro e dove sta montando un pericoloso risentimento politico».

Creare periferie competitive

Il quadro che emerge aiuta a capire la spinta ai processi di polarizzazione impressa dall’economia della conoscenza, ma anche gli elementi su cui agire per creare «periferie competitive» e ristabilire condizioni di maggiore equilibrio nella distribuzione territoriale dei fattori critici dello sviluppo. Come infatti spiegano gli autori, uno sviluppo territoriale più equilibrato, sostenibile e inclusivo è possibile. A partire da un rapporto più forte tra imprese e sistema educativo, in particolare l’Università.

Il libro documenta alcuni interessanti casi – negli Stati Uniti, in Europa e anche in Italia – di territori periferici che hanno saputo rilanciare il proprio sviluppo e generare innovazione grazie a un insieme di competenze distintive, centri formazione specializzata, investimenti multinazionali e una finanza locale che sostiene la nuova imprenditorialità. Al contrario, concludono Buciuni e Corò, «contrapporsi alla polarizzazione dell’innovazione attraverso politiche regressive – come sono quelle protezionistiche – non può che portare, alla fine, a una perdita per tutti, periferie comprese».

In copertina: foto Shutterstock

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