I robot italiani in vetrina a Londra. Così il «made in Italy» punta alla Gran Bretagna
Un segno meno da girare in positivo. Perché la Gran Bretagna è un’occasione da cogliere per le aziende italiane che producono robot e macchinari ad alta automazione. Se è vero il detto che «la pubblicità è l’anima del commercio», ecco spiegato l’evento che si è tenuto martedì 12 giugno a Londra, ospitato – non a caso, dall’Imperial College, ateneo di eccellenza per quanto riguarda scienza e tecnologia. Dieci «top» aziende italiane, come raccontato da Il Sole 24 Ore, hanno messo in vetrina i loro prodotti e raccontato la loro strategia d’innovazione durante «Manifacturing technologies and robotics: the future is now». Pietro Carnaghi, Mandelli Sistemi, Omera, Balance Systems, Marposs, Comau, Sisma, Prima Industrie, Rettificatrici Ghiringhelli e MCM Machining Centers Manufacturing: queste le aziende che hanno partecipato all’evento.
Con l’obiettivo di cambiare un segno negativo: quello dell’export verso la Gran Bretagna, almeno per quanto riguarda le macchine utensili: – 6,1%. Nonostante il settore dell’automazione sia in forte crescita, a livello di esportazioni, per quanto riguarda l’Italia. La Gran Bretagna rimane al 10 posto della classifica, superata da Germania, Cina, Stati Uniti, Francia, ma anche da Polonia, Spagna, Messico, Russia e Turchia.
«Il mercato britannico offre grandi opportunità alle imprese italiane perché è in corso un processo di re-industrializzazione e re-shoring e quindi c’è necessità di aggiornare il parco macchine utensili – ha detto Massimo Carboniero, presidente di Ucimu –. Dobbiamo quindi rafforzare la nostra presenza su questo importante mercato in un momento in cui i partner britannici devono dotare i propri stabilimenti produttivi di tecnologie di ultima generazione». Non solo nei settori automobilistico e aerospaziale, da sempre punti di forza del Regno Unito, ma anche sulla logistica al packaging, altro sbocco molto importante dove c’è forte bisogno di automazione. All’Imperial College, davanti ad una platea qualificata, non poteva mancare la forza degli atenei italiani. Soprattutto ora, con lo sforzo dei competence center che punta ad abbattere ancora la distanza fra mondo industriale e mondo accademico. Ecco quindi che il Politecnico di Milano, l’Università Federico II di Napoli, l’IIT di Genova, la Scuola Superiore S.Anna di Pisa e il Politecnico di Torino hanno accompagnato le imprese presenti. Per rafforzare l’export, da un lato, ma anche per stabilire una presenza produttiva stabile. Una testa di ponte «innovativa» in Gran Bretagna.