"Effetto digitale", Fabio De Felice spiega perché puntare sull'industria 5.0

«Negli ultimi anni ho girato tra Stati Uniti, Europa e Africa scoprendo mondi e applicazioni che pensavo fossero lontani. Con questo libro mi sono voluto rivolgere ai miei studenti e ai colleghi imprenditori. Dobbiamo alzare l’asticella sempre e inseguire l’innovazione, non subirla». Fabio De Felice, fondatore di Protom e docente di Ingegneria degli impianti industriali all’Università di Cassino, ha presentato a Innovation Nation lo spirito alla base del suo libro Effetto digitale. Visioni di impresa e Industria 5.0, scritto insieme ad Antonella Petrillo ed edito da McGraw-Hill. Ma perché parlare di industria 5.0 quando ancora in Italia sono forti ed evidenti i ritardi di molti PMI che faticano a innovare e a seguire percorsi di trasformazione digitale? «In Giappone se ne parla già – ci ha spiegato De Felice, che è anche responsabile innovazione di Confindustria Campania – la differenza con la 4.0 è che oggi viviamo ancora una separazione netta tra l’automazione robotica e l’uomo. Invece con l’industria 5.0 la contaminazione tra fisica, biologia e digitale sarà completa».

Nel testo l’autore ha scelto di coniugare aspetti tecnici legati alla tecnologia, con raffigurazioni e visualizzazioni di cambiamenti connessi al digitale che investono la nostra quotidianità e la trasformazione del mondo che ci circonda. Ma il cambiamento non sempre è alla portata di mano, soprattutto con infrastrutture non adeguate. «Prima ancora di parlare di industria 5.0 serve il 5G, il quantum computing, l’intelligenza artificiale. Senza questi abilitatori si parla del nulla».

Diviso in sette capitoli, Effetto digitale. Visioni di impresa e Industria 5.0 ha raccolto anche una serie di interviste con protagonisti del mondo dell’impresa e dell’innovazione. Tra queste c’è quella con Enrico Pandian, imprenditore e CEO di FrescoFrigo (qui una sua videointervista), una realtà del food che ha saputo rispondere in maniera rapida alla crisi del lockdown. Il suo business ruotava attorno a vending machine pensate per vendere solo cibo sano a disposizione di uffici e luoghi di lavoro. Questo fino allo choc della pandemia. «Mi ha davvero stupito la velocità con cui sono riusciti a cambiare il modello di business con la pandemia, spostandosi all’interno dei condomini», ha commentato De Felice. Ma in Italia c’è sufficiente propensione a questi cambiamenti? «Secondo me non siamo affatto pronti, sia in termini culturali sia di approccio – ha concluso – Resto però ottimista: in questo grande ritardo vedo una grande occasione».

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