DDL Concorrenza, InnovUp: «Delusione e preoccupazione». Scatta l'obbligo di 20 mila euro di capitale per le startup
«Delusione e preoccupazione»: sono le parole, pesanti, utilizzate in una nota ufficiale da InnovUp, l’associazione che riunisce e rappresenta la filiera italiana dell’innovazione. Oggetto del commento non lusinghiero sono le norme dedicate al settore startup contenute nel DDL Concorrenza approvato nei gironi scorsi dal governo Meloni. Un giudizio che segue a ruota quello espresso venerdì da Italian Tech Alliance, associazione che “copre” l’altra sponda dell’ecosistema, quella degli investitori. Anche in quel caso le critiche non erano macnate.
InnovUp evidenzia come l’atteso “Startup Act 2.0” – per il quale era stato presentato al MIMIT un articolato piano di aggiornamento normativo a partire dal Manifesto dell’Associazione – sembra ridursi a poche norme di limitata rilevanza e ad alcune misure critiche.
«Purtroppo – afferma la presidente Cristina Angelillo – si è persa l’occasione per una revisione complessiva della normativa, come più volte da noi auspicato, non riservando al settore la giusta attenzione e confermando come la filiera italiana dell’innovazione, fondamentale per lo sviluppo strategico e la sostenibilità futura del Paese, sembri essere considerata ancora marginale, relegata a poche misure e scarsamente compresa nelle sue dinamiche».
Non mancano alcune norme positive – registra comunque InnovUp –, quali la revisione della tassonomia degli incubatori e l’implementazione di alcuni benefici fiscali per gli stessi o quelle legate alla promozione degli investimenti in capitale di rischio da parte di investitori privati e istituzionali. Non basta però. Anzi, secondo l’associazione «vi sono una serie di misure che, invece di valorizzare il settore, potrebbero rappresentare una limitazione allo sviluppo delle nuove imprese innovative e all’attrattività per gli investimenti in innovazione nel Paese, se non un incentivo alla fuga dei cervelli».
In particolare le critiche vanno all’introduzione di un nuovo limite legato al possesso di un capitale sociale di almeno 20 mila euro dal secondo anno per la permanenza nel registro delle startup innovative. «Non si comprende la ratio della scelta» rileva InnovUp, «che in alcun modo è riconducibile al concetto di startup riconosciuto a livello internazionale o a criteri volti a valorizzare l’innovatività di una nuova impresa. Altresì, destano perplessità i settori strategici individuati dal testo (estrazione di minerali da cave e miniere, costruzioni, ecc.) per i quali sono connessi ulteriori benefici ma che non hanno un reale riscontro nei settori dove si concentrano le attività innovative del Paese».
«Sembra che – aggiunge la presidente Angelillo – in contrapposizione allo spirito del Disegno di legge che contiene le suddette norme, invece di favorire la concorrenza si inseriscano lacci e lacciuoli volti a limitare ulteriormente l’accesso alla attività d’impresa, soprattutto se innovativa, nel nostro Paese. Confidiamo in una maggiore ambizione del Governo e del Ministro Urso nel favorire lo sviluppo della filiera italiana dell’innovazione e nell’essere conseguenti a quanto sottolineato dal Sottosegretario Freni e dal Governatore di Banca d’Italia circa l’importanza di investire maggiori risorse nell’economia reale del Paese».
InnovUp, quindi, auspica che possa proseguire il dialogo con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e si possano rettificare alcune scelte nell’ambito dell’iter legislativo del Disegno di Legge e che, comunque, quanto contenuto nel provvedimento sia un punto di partenza e non di arrivo per lo Startup Act 2.0 al fine di garantire un futuro competitivo per le startup italiane che valgono il 67% dei nuovi posti di lavoro del Paese (dati CERVED 2022) e, di conseguenza, contribuiscono attivamente alla crescita e alla sostenibilità della nostra economia nel medio-lungo periodo.