Coronavirus | La rete sotto pressione: internet non è una risorsa illimitata
Milioni di persone a casa, come mai se ne erano viste finora. Lo smart working che aumenta in maniera esponenziale da una settimana all’altra. Questo mese di emergenza coronavirus sta mettendo alla prova la stabilità della Rete in Italia e in Europa, dove la pandemia colpisce ormai tutti gli Stati membri. Il problema riguarda l’intero mondo IT, dai social network fino ai servizi di cloud pubblico che reggono il lavoro agile. Nei giorni scorsi il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ha annunciato che, a seguito dell’aumento di utilizzi delle app di messaggistica, i server necessari per la struttura di WhatsApp e Messenger rischiano di fondersi se l’emergenza dovesse continuare a lungo.
L’allarme per la stabilità della Rete è stato lanciato in Italia anche dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri. «L’emergenza causata dal Covid-19 – dichiara il presidente Armando Zambrano – purtroppo genera una serie di implicazioni che non sono solo di tipo sanitario. Tra queste c’è anche il rischio di sovraccarico della rete. Come CNI, attraverso il nostro organismo C3i, ci impegneremo per individuare e promuovere soluzioni». Come evitare un sovraccarico che metta a rischio l’unico strumento che ha permesso a migliaia di aziende di continuare a produrre? La responsabilità è in capo a tutti: utenti, service provider, telco e politica.
La Commissione Europea ha già pubblicato un documento in cui chiede a tutti gli operatori dello streaming (giganti come Netflix e Amazon, ma non solo) di ridurre la qualità dei propri video per alleggerire il traffico dati. Il commissario europeo per il mercato interno, Thierry Breton, ha lanciato un appello a tutti i soggetti, perché ci sia un gesto di responsabilità da parte di tutti. Netflix e YouTube hanno già provveduto a bloccare l’alta definizione per tutti i propri contenuti.
L’11 marzo l’Italia ha avuto un assaggio di un temporaneo blocco e rallentamento della rete. Le linee fisse di TIM e altri operatori, per ore, hanno riscontrato rallentamenti pare non legati direttamente ai troppi utilizzi, ma la notizia ha avuto una risonanza maggiore soprattutto perché quelli erano i primi giorni delle restrizioni sugli spostamenti da parte del Governo. In un’intervista al Corriere della Sera, il CEO di Tim, Luigi Gubitosi, ha snocciolato qualche dato riguardante l’azienda: sono 40 milioni i gigabyte di dati che ogni giorno corrono lungo i 18 milioni di chilometri di fibra ottica. «Il traffico complessivo – ha dichiarato – ha raggiunto incrementi fino a quasi il 100% sul fisso, mentre sul mobile è stato del 30%».
Ad ogni modo il Consiglio Nazionale degli Ingegneri trasmette alcune linee guida per pochi, ma incisivi comportamenti online. Tra questi segnaliamo l’autodisciplina da parte degli utenti che, nel momento in cui ci dovessero riscontrarsi sovraccarichi e problemi alla rete, sono chiamati a utilizzare internet soprattutto per questioni di lavoro, mettendo da parte i servizi di intrattenimento. E se l’emergenza dovesse continuare a lungo? Lo stesso CNI ha indicato “il blocco forzato di applicazioni non fondamentali che utilizzano Cloud e connettività” come misura eccezionale.
In gioco, a questo punto, c’è lo stesso concetto di neutralità di internet, che potrebbe venire meno di fronte a divieti o limitazioni di accesso per il mantenimento dell’infrastruttura. L’emergenza ci fa così scoprire che nessuna risorsa sul pianeta è illimitata, neppure nel mondo dell’IT. Per ora in Italia la situazione sembra ancora sotto controllo: la ministra dell’Innovazione, Paola Pisano, ha però consigliato di navigare in maniera responsabile, consapevoli dei rischi.
E chi non può fare a meno di lavorare servendosi dei servizi di cloud pubblico? La gigantesca esperienza di smart working che l’Italia sta sperimentando dovrà comportare misure concrete per centralizzare a livello nazionale ed europeo tutti quei servizi strategici (che permettono le videoconferenze e non solo) per la tenuta del sistema economico. La gestione delle risorse, anche se fisicamente allocate sul territorio UE, spesso non è infatti sotto il controllo di organismi nazionali ed europei. Ecco perché nel medio termine gli esperti suggeriscano un piano B, valido a livello nazionale: alternative pronte all’occorrenza che sostituiscano servizi cloud sia in ambito industriale e produttivo, sia in ambito universitario e scolastico. Perché tutti possano essere nelle condizioni di affrontare il prossimo cigno nero.
In questi giorni l’altro grosso pericolo che sta interessando il mondo IT è rappresentato da possibili attacchi hacker. Pochi giorni fa le autorità spagnole hanno denunciato l’invio di mail al personale sanitario potenzialmente dannose per i sistemi informatici degli ospedali, già sottoposti all’ondata di contagi e decessi che stanno colpendo il paese iberico. Il tema della sicurezza della rete investe infine quello degli investimenti e del digital divide, che ancora riguarda milioni di persone in Italia. Se possibile, l’emergenza coronavirus evidenzia ancora di più le periferie del mondo digitale, dove l’assenza di servizi e infrastruttura adeguati pesa sullo sviluppo e sulla crescita dell’intero paese.