Chasing Futures: l'impatto dell'AI nel mondo di domani tra tecnologia e fantascienza
Come immaginare il futuro? Quale immaginazione dà forma al mondo? Come possiamo apprendere e allenare questa capacità? Quali metodologie ci consentono di guardare oltre l’orizzonte della ripetizione quotidiana? Queste e altre domande hanno animato l’evento Chasing Futures, organizzato da Fondazione Hub Innovazione Trentino – HIT, con la partecipazione di Fondazione Bruno Kessler e Università di Trento, che il 20 e 21 marzo 2024 a Trento ha messo a fuoco l’esplorazione, tramite la fantascienza, dell’impatto dell’intelligenza artificiale nel prossimo futuro.
Attraverso film, libri e saperi esperti è stato possibile coinvolgere policy maker, imprenditori e imprenditrici, università e cittadinanza, trattando tematiche essenziali come salute, lavoro, sostenibilità, etica, rischi e opportunità dell’intelligenza artificiale, sempre più presente nella nostra vita quotidiana e nei processi produttivi.
Il film “The Creator” del 2023, diretto dal regista Gareth Edwards, ha aperto la conferenza nel tardo pomeriggio del 20 marzo, lanciando gli argomenti che sono stati approfonditi il giorno seguente presso l’Itas Forum di Trento. Mauro Gervasini, giornalista, scrittore, critico cinematografico e responsabile del programma cinematografico del Trento Film Festival, ha introdotto la visione del film, facendo un excursus sulla storia della cinematografia fantascientifica e cyberpunk che ha caratterizzato gli ultimi decenni. Il film proiettato immagina un mondo futuro ambientato nel 2070, polarizzato in due macro-aree geografiche, le cui società a confronto sono contrapposte per quanto riguarda l’uso e la relazione con l’IA: l’occidente, che demonizza l’IA e l’oriente che, al contrario, ci convive armonicamente.
Dopo i saluti dell’Assessore allo sviluppo economico, lavoro, università, ricerca della Provincia autonoma di Trento, Achille Spinelli, ad aprire i lavori della seconda giornata è intervenuto il professore Roberto Poli dell’Università di Trento, fra i più autorevoli esperti a livello internazionale in foresight e sistemi anticipanti, che da dieci anni dirige il Master in Previsione Sociale della facoltà di Sociologia, con una lezione introduttiva sul pensiero sistemico e le interazioni fra i rapidi cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici che si intrecciano nella fase storica attuale, dando forma a un mondo nuovo, datificato, instabile e multipolare, quello del XXI secolo, assai diverso dal Novecento. In questo contesto, lavorare col futuro non solo è utile ma diventa necessario. Perciò non solo grandi imprese ma anche istituzioni quali OCSE, FMI, Interpol, Croce Rossa e UE si sono dotati di competenze specifiche che studiano quali cambiamenti sociali potrebbero manifestarsi nei prossimi 10 anni e oltre.
All’evento, patrocinato dall’Associazione Futuristi Italiani, dall’Italian Institute for the Future e da Trentino Film Commission, ha partecipato in video Michelle Labeeu, Team Leader per il foresight strategico presso la Direzione Generale per le Partnership Internazionali della Commissione Europea, sottolineando come il future thinking offra l’opportunità di lavorare coi pregiudizi (bias) esistenti nel presente per allenarci a “percepire molteplici futuri possibili”. L’immagine comunemente adottata è quella del cono dei futuri, la cui ampiezza, come uno spettro del possibile, può essere ampliata “grazie al metodo e alle discipline coinvolte negli esercizi di foresight strategico”.
Il presidente della Fondazione Bruno Kessler Ferruccio Resta ha spostato l’attenzione dalla cornice europea alla situazione nazionale: “In un contesto italiano che fa fatica a eguagliare il ritmo di altri paesi europei in termini di innovazione, è diventato urgente invertire la rotta. Sostenere le università e i centri di ricerca a sviluppare una cultura imprenditoriale più forte, attirare investitori specializzati nel settore, attuare regole pubbliche efficienti, promuovere programmi di mentorship e ampliare l’offerta di startup semplificando le procedure burocratiche, sono alcuni dei passi cruciali da fare per creare un ecosistema competitivo a livello internazionale. Solo attraverso un cambio di mentalità, l’attrazione di una massa critica di talenti, un approccio audace al rischio e lungimiranza potremo giocare un ruolo da protagonisti nel futuro dell’IA. Sono questi i prerequisiti indispensabili per gli investitori, per favorire lo sviluppo di tecnologie rivoluzionarie, startup all’avanguardia e modelli di business di successo”.
Il Keynote speaker Chen Qiufan, co-autore del libro “AI 2041: Ten Visions for Our Future” insieme a Kai-Fu Lee, in collegamento dalla Cina, ha parlato di science fiction come palestra di confronto con le alterità, per aprire e allargare le prospettive. Al centro della sua suggestione ha posto al pubblico presente una domanda: “cosa cambiare per diventare una specie migliore?” Sotto questa lente, i possibili scenari dal futuro dell’IA mettono al centro l’agency umana, ossia la capacità di agire intenzionalmente nel contesto sociale per generare un cambiamento, e offrono ai nostri occhi visioni di futuro che possono essere sia distopiche che utopiche.
La fantascienza ci permette così di aprire i nostri orizzonti e di considerare le opzioni immaginabili non solo a partire dai timori che ci toccano da vicino nel presente ma anche alla luce di possibilità ancora inedite. Sullo sfondo, il grande dilemma della civiltà umana, incapace di sentirsi unita come specie, con una frammentazione fra framework etici storicamente situati e inevitabilmente diversi di nazione in nazione, che da sempre tendono a creare divisioni e guerre. La narrativa speculativa, fin dall’infanzia, disegna sentieri di nuova speranza.
Dal cyberpunk al solarpunk, Francesco Verso, anima e motore di Future Fiction e fra gli autori di fantascienza italiana più tradotti all’estero negli ultimi 20 anni, ha parlato dell’importanza del punto di vista che si assume nel racconto del futuro: chi lo racconta? “La biodiversità letteraria del futuro è un valore da preservare perché rappresenta il modo migliore per mantenere vivo e fertile il genere della fantascienza – che, per definizione, si occupa di raccontare le trasformazioni sociali e culturali del domani. Tuttavia negli ultimi 80 anni, il genere è stato dominato da una sola lingua, un solo mercato, una sola economia e stile di vita, quello anglosassone, con la conseguenza che un’unica visione del futuro ha emarginato, dati alla mano, tutte le altre”.
Includere le visioni ignorate, mappare i continenti della narrazione fantascientifica, ci permette di cogliere aspetti diversi, una diversità che è ricchezza di sensibilità altre, scoprendo così la bellezza dei futurismi arabo, indo, sino, afro e andino. È questo il senso del “vagamondare”, che tocca già 35 Paesi attraverso 14 lingue, un accorato appello per decolonizzare il futuro e liberare il potenziale creativo dei corredi culturali specifici.
La decolonizzazione non si esaurisce nella prospettiva globale ma riguarda anche, dentro ogni sfera culturale nazionale, il percorso del femminile nella storia delle immagini in movimento. Domizia De Rosa, socia fondatrice e presidente di Women in Film, Television & Media Italia e Vice-presidente di Women in Film & Television International, nel suo intervento si è concentrata sulle narrazioni fantascientifiche da questa prospettiva femminista. Attraverso un excursus dal Viaggio nella Luna di Melies fino alla serie TV Raised by Wolves, passando per Dune, Avatar e l’opera cinematografica iconica di Fritz Lang (autore di Metropolis quasi cento anni fa e, prima ancora, di Una donna sulla Luna), la relatrice ha aggiunto nuove chiavi di lettura alla riflessione, grazie a binomi quali adattamento/de-evoluzione; privilegio/esclusione; foresight/sostenibilità. In questa maniera, la trattazione della fantascienza come terreno di immaginazione utopica oppure distopica è stata innervata di altre sfumature/venature attuali e di grande importanza.
Grazie al dialogo fra Roberto Paura (Presidente dell’Italian Institute for the Future) e Riccardo Campa (Full Professor of Sociology at Jagiellonian University, Cracow) sono state approfondite alcune prospettive dell’evoluzione della penetrazione dell’IA nella nostra società, in particolare per quanto riguarda il mutamento sociale relativo al mondo del lavoro e le sue conseguenze. Dal confronto è emerso il contributo della speculazione sul futuro come risorsa per riflettere sui diritti fondamentali non rispettati e sulle disuguaglianze che interessano il presente, da tempo caratterizzato da lavoro povero e precario. La tensione fra algoritmi e diritti mostra come l’intelligenza artificiale stia cambiando le democrazie imponendo nuove asimmetrie e posizioni dominanti. Le distopie ci aiutano allora a selezionare i futuri che non vogliamo e fanno da specchio per riconoscere con maggiore chiarezza le nostre paure e aspettative.
La conferenza ha ospitato inoltre il workshop Futurize me, guidato da Gloria Puppi (NABA Torino, esperta di progettazione di scenari a medio-lungo termine): 8 gruppi di lavoro hanno costruito dei pre-totipi, oggetti del futuro inseriti in mondi narrativi suggeriti da carte da gioco che aiutavano a configurarli, un modo divertente per mettersi nei panni di futuri imprevisti.
Il programma, con la moderazione di Nicoletta Boldrini, giornalista e divulgatrice, esperta di futures thinking, foresight e futures studies, è culminato in un crescendo che ha progressivamente “dato corpo” agli scenari di futuro. Nella “disfida delle idee”, Francesco Verso e Paolo Traverso hanno letteralmente prestato i propri corpi per mettere in scena, performare un dialogo, situato nel 2050, con assistenti virtuali domestici, un affondo nella vita quotidiana in un possibile futuro, mostrando in maniera coinvolgente come potrebbe cambiare il cibo, la salute e molto altro ancora.
Alla conferenza è stata affiancata infine la mostra di speculative design “Brands of the World 2041”, ispirata da sette visioni di futuro a partire dal libro di Quifan: a cura degli studenti della NABA di Milano, sotto la guida dei docenti Giulio Bordonaro e Nicoletta Gomboli, esperta di gaming e scenari futuri. Nel suo intervento ha definito il gioco come sfida condivisa, “tentativo volontario per superare ostacoli non necessari”, e mostrato il potenziale del gioco come forma di narrazione della realtà, “zeitgeist”. Giocando, si può ad esempio collaborare al perseguimento di un importante risultato di ricerca genetica sull’HIV che unisce gli sforzi di migliaia di persone in tutto il mondo, oppure si può esercitare il proprio spirito critico su fenomeni di varia natura, come la guerra, la religione, i diritti umani e lo sfruttamento dei lavoratori. Non solo, il futuro stesso è un invisibile terreno di gioco, tutto da scoprire.
L’articolo è stato pubblicato sul magazine di Fondazione Bruno Kessler