Videogiochi green, come la "gamification" può salvare il pianeta

L’ambientalismo e la conservazione sbarcano nel mondo videoludico: sono sempre di più i videogiochi green, tra derive ecologiste dei grandi del settore ai nuovi arrivati, che dalla nascita partono con il “cuore verde”. Secondo un recente report di UN Environment e GRID-Arendal, nel mondo ci sono oltre 2,4 miliardi di gamers, che spendono quasi 140 miliardi di dollari nel mercato videoludico – il totale dei ricavi supera la somma di quelli di Hollywood, Bollywood e dell’industria musicale. Un mercato enorme, in continua espansione, che comunica efficacemente con i più giovani. In espansione che arriva anche in Italia: nel Decreto Rilancio post Covid-19, tra i vari stanziamenti per le startup, spiccano i 4 milioni dedicati al settore dei videogiochi.

Una grande possibilità di comunicazione che può aiutare il pianeta, tramite la gamification: trasformando le azioni in un gioco, si possono spingere le persone ad adottare comportamenti virtuosi. Da molto tempo si cerca di veicolare l’attenzione del pubblico a problematiche ambientali tramite media come tv, radio e giornali. Con l’avvento dei nuovi media, le potenzialità di comunicazione sono aumentate a dismisura, così come è aumentata la possibilità di comunicare messaggi efficaci e mirati a sensibilizzare le masse.

L’organizzazione che ha studiato il panorama videoludico (e che ha creato il report di cui sopra) si chiama Playing for the Planet Alliance e mette insieme 30 tra le più grandi case produttrici di videogiochi. Il suo obiettivo principale è creare un impatto concreto in due aree specifiche: quella più tangibile legata a progetti di riforestazione e una immateriale, per promuovere azioni green che portino aziende e singoli individui verso scelte più rispettose del pianeta. Tra le proposte che si leggono nel report ci sono le strategie per inserire tematiche ambientaliste nei videogiochi già esistenti, per coinvolgere le famiglie e per rendere l’industria videoludica a emissioni zero.

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Minecraft e Pokémon, i giganti si fanno green

Non solo rendere i videogiochi più green, ma anche spingere perché i giganti del settore si diano da fare per l’ecologia e alla conservazione. È il caso di Minecraft, il popolarissimo videogame di genere sandbox – in cui cioè si costruisce un intero mondo digitale, mattoncino di pixel su mattoncino – che conta circa 120 milioni di giocatori attivi al mese ed è stato acquistato da Microsoft per 2,5 miliardi di dollari nel 2014. In collaborazione con il quotidiano The Guardian, nell’universo di Minecraft è apparsa una mappa chiamata Climate Hope City, una città virtuale a emissioni zero, con applicate tutte le tecnologie più green già esistenti o in fase di sperimentazione: fattorie verticali, marciapiedi cinetici che convertono i passi in elettricità, auto senza conducente e tetti ricoperti di vegetazione. Un modo intelligente per raggiungere i più giovani e coinvolgerli nelle questioni ambientali, attraverso canali già conosciuti e apprezzati.

Un po’ come hanno fatto anche Nintendo e Niantic, creatori di Pokémon Go, durante l’Earth Day 2019. Il celebre gioco in realtà virtuale offriva alcuni bonus a coloro che, durante la giornata dedicata alla terra si sarebbero impegnati a pulire il pianeta, rendendolo noto su Twitter utilizzando un hashtag dedicato. Quanti più giocatori avessero partecipato, tanto più i bonus sarebbero stati alti. L’anno precedente – tramite un’iniziativa simile – il videogioco aveva spinto persone di tutto il mondo a raccogliere 6,5 tonnellate di rifiuti.

Videogiochi e conservazione Made in Kenya

Anche i «piccoli» fanno la loro parte, e a volte i videogiochi nascono totalmente green. Un esempio è Internet of Elephants, una startup di produzione di videogiochi con sede a Nairobi, in Kenya, che vuole raccontare la conservazione dell’ecosistema – e il suo impatto nella realtà – tramite tecnologie digitali e innovative. La realtà aumentata è protagonista dell’ultimo lavoro di Internet of Elephants, ha raccontato il fondatore Gautam Shah in una recente intervista per National Geographic: un’app chiamata Wildeverse, rilasciata ad aprile 2020, e che conta già più di 5000 download.

Questo videogame, grazie alle tecnologie di augmented reality, trasforma il mondo reale in una giungla virtuale. Alberi e animali esotici compaiono sullo schermo come ologrammi sulle strade e gli incroci della propria città. Lo scopo del giocatore è completare le missioni che riguardano la conservazione dei primati come gorilla, scimpanzè, orangutan. L’utente deve prima trovarli seguendo le loro tracce, per poi interagire con loro, imparare le loro abitudini, stili di vita e comportamenti e proteggerli dai bracconieri.

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