La strada che conduce allo Smart Working

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Che cos’ è lo Smart Working? L’Osservatorio del Politecnico di Milano lo definisce “una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.

Secondo gli ultimi dati, forniti sempre dalle ricerche del Politecnico (presentate a ottobre 2018),  gli Smart Worker in Italia sono ormai 480mila, in crescita del 20% rispetto al 2017 e più soddisfatti dei lavoratori tradizionali, sia per come possono organizzare e svolgere la loro professione sia nelle relazioni con colleghi e superiori.

Un’approfondita inchiesta svolta dal Corriere della Sera, a maggio 2018, riportava come solo il 7% della forza lavorativa italiana avesse già sperimentato pratiche di “lavoro da casa o da remoto”,  a fronte di un 70% di impieghi attuali che potrebbero comodamente adattarsi a questa innovativa forma di lavoro.

Nonostante lo smart working si stia facendo largo come nuova modalità lavorativa, permangono a livello culturale tre grandi problemi alla sua diffusione nel belpaese. In particolare:

✔ Mentre per  le grandi aziende lo Smart Working non è una novità, le PMI sono restie e disinteressate ad adottare progetti che prevedano il lavoro da casa o da remoto. Per quanto riguarda la PA, otto amministrazioni su dieci sono ancora ferme: il 36% non ha attivato alcun progetto anche se è probabile un avvio in futuro, per il 38% la prospettiva è incerta, e il 6% non è interessato.

✔ Gli smart worker sono per lo più lavoratori maschi (il 76% del totale), appartenenti alla Generazione X (il 50% ha fra i 38 e i 58 anni di età). La parte femminile, forse proprio per la difficoltà nel fare carriera nel settore ICT, rimane quasi completamente esclusa da questa logica lavorativa.

✔ Quasi tutti gli Smart Worker risiedono nel Nord-Ovest del Paese (il 48% del totale).

La legge 81/17  ha cercato di creare agevolazioni allo Smart Working, portando effetti più evidenti nel settore pubblico che nel privato. Nella PA, ben il 60% degli enti con progetti di lavoro agile ha trovato stimolo nella legge e solo il 40% l’aveva previsto prima.

Benefici e problemi dello Smart Working

Dopo aver tracciato i confini del ecosistema legato allo Smart Working italiano, cerchiamo di elencare brevemente i maggiori vantaggi e i più grandi problemi che ricerche e esperienze condotte hanno evidenziato.

Per quanto riguarda i benefici, lo Smart Working:

  1. permette all’imprenditore una riduzione dei costi di gestione dello spazio fisico, ossia in riscaldamento, luce, affitto (un risparmio pari al 20/30%);
  2. riduce il  tasso di assenteismo a lavoro del 50/70%;
  3. permette a un lavoratore un risparmio notevole di tempo negli spostamenti, con un vantaggio considerevole anche dal punto di vista economico (non ci sono spese in benzina, autobus o trasporti pubblici);
  4. ha un forte impatto sociale e ambientale: in primis, meno spostamenti si traducono in un minore inquinamento che porta benefici a tutta la comunità. Inoltre, con meno lavoratori che devono spostarsi, si crea un circolo virtuoso in cui, anche coloro che devono muoversi per necessità, beneficeranno indirettamente di queste soluzioni.

Gli svantaggi (o problemi) che vengono invece comunemente associati allo Smart Working sono:

  • l’esclusione dalla cultura aziendale: lavorare da remoto limita fortemente i rapporti umani e la crescita, sia di carriera che del gruppo;
  • non tutti i lavoratori da casa sono più produttivi che in ufficio. Su questo punto le ricerche non riescono a stabilire una verità assoluta: così come alcune persone da remoto prendono meno sul serio i loro compiti, altri tendono ad avere problemi di concentrazione negli uffici rumorosi, al contrario di chi lavora da casa o in un ambiente tranquillo.
  • reperibilità e incapacità di distinguere tra lavoro e vita privata. Uno smart worker non avendo orari fissi di entrata e di uscita rischia di andare oltre le solite ore lavorative, di pranzare davanti al pc e attuare altri comportamenti socialmente lesivi. L’altra faccia della medaglia è che molti capi/clienti pensano che dover lavorare da remoto significhi essere operativi a tutte le ore del giorno, creando dunque una sorta di disagio nel soggetto, che a tutte le ore si sente braccato. 

Smart Working a 360°: un confronto tra datori di lavoro e dipendenti

Per capire meglio benefici e problemi dello Smart Working, abbiamo realizzato un’intervista tripla a chi ogni giorno ha a che fare con un approccio remote-working oriented, con 45 dipendenti attivi in 3 differenti paesi dell’UE. Reallyzation.com è infatti un’innovativa piattaforma italiana legata alla ricerca di personale ICT, che porta al centro il talento e non il luogo fisico dove viene fornita la prestazione.

Le risposte che leggerete appartengono al CEO e Founder dell’azienda, Daniele Bacchi, a Giovanna Grande, mamma e sales manager,  e a Federico Panettieri, team leader.

Perché avete scelto di lavorare in Smart Working?

Daniele Bacchi: Se chiedi alla maggior parte delle persone quale sia il luogo dove lavorano meglio e con maggior concentrazione, raramente risponderanno l’ufficio. Oppure risponderanno “l’ufficio di mattina presto quando non c’è nessuno”. Qualsiasi lavoro, che sia creativo o di concentrazione, necessita di un luogo tranquillo dove non essere interrotti, e gli uffici quasi mai lo sono. Questa è la ragione per cui sono, e Reallyzation è, remote-working lovers. È un’arma in più che abbiamo sul mercato.  Lavoriamo su più città europee pur essendo una realtà di 45 persone: il nostro business sarebbe molto rallentato e molto appesantito da continui viaggi aerei.

Abbiamo tre sedi e ci piace che siano belle e confortevoli, così chi vuole venire in ufficio può farlo e quando ci incontriamo qui ci sentiamo davvero a casa, e non corriamo il rischio che le persone non si sentano a proprio agio anche se vengono qui una sola volta a settimana. Non abbiamo remotizzato tutto, per esempio la formazione delle persone junior appena entrate viene seguita in gran parte di persona.

Giovanna Grande: Lavoro in smartworking da tanti anni e non avrei potuto fare questo lavoro in altro modo. Se ti piace il tuo lavoro non c’è bisogno di essere dentro l’ufficio per dedicarsi tante ore al giorno, anzi! L’efficacia da casa è molta di più perché lavori più ore senza sentirne il peso.

Federico Panettieri: È da quasi 5 anni che lavoro in Smart Working e per me è stata una liberazione perché abito in campagna e prima facevo il pendolare da Milano, quindi sprecavo tre ore di ogni mia giornata lavorativa in viaggio. Proprio per questo lo smartworking è il più grosso benefit che posso desiderare, anche al di là dello stipendio.

Sposare questa cultura e comprenderla: è tutto così semplice?

Daniele: All’inizio abbiamo avuto qualche brutta esperienza con qualche dipendente, ma era responsabilità nostra, cioè eravamo noi che non avevamo ancora organizzato il lavoro come oggi e non dotavamo le persone degli opportuni strumenti tecnologici e organizzativi per supportare il lavoro da remoto. Come in tutte le innovazioni, bisogna andare oltre alle difficoltà iniziali derivanti dalle vecchie abitudini.

Un esempio concreto: ogni lunedì abbiamo diversi meeting in azienda. Alcuni vengono gestiti con una room telefonica (usiamo Zoom), altri con Google Meet. Ricordo con un sorriso che all’inizio le cose non andavano così bene: c’erano rumori di fondo che impedivano una corretta comunicazione, non eravamo organizzati in scalette di interventi o non c’era chi aveva il ruolo di dare la parola ai vari partecipanti. Tutti questi problemi sono normali in ogni meeting e molto accentuati in un meeting virtuale. Per quanto abbiamo sperimentato, non bisogna mollare al primo inconveniente: puntualità, training all’uso di strumenti, scelta di luoghi adeguati ci hanno permesso di migliorare (e non di poco) l’efficienza del meeting virtuale, fino a superare l’efficienza del meeting fisico. In generale, si perde meno tempo.

Giovanna: La mia vita personale è cambiata molto negli anni e il mio lavoro ha saputo seguirmi adattandosi e rendendomi possibile dare sempre l’impegno massimo, senza togliere nulla né alla famiglia né al lavoro. Infatti prima che nascessero le mie figlie avevo una vita molto diversa rispetto a quando loro erano piccole e, ancora, rispetto ad adesso che sono adolescenti. Come tutte le mamme mi sono sempre dovuta riorganizzare, e ho la fortuna di non aver dovuto per questo togliere spazio al mio lavoro. Oggi ho un equilibrio che mescola vita e lavoro senza separazioni nette tra le due cose. Questa separazione è necessaria solo per chi fa un lavoro che non ama e quindi ha bisogno di spazi e momenti dedicati soltanto alla propria vita personale, in cui il lavoro resta fuori. Se non fai un lavoro che ti piace davvero lo smart working non è possibile.

Federico: Per me lo è stato, in maniera molto naturale. Da casa mi comporto esattamente come se dovessi andare in ufficio, mi alzo presto, mi vesto (ok non mi metto giacca e cravatta!), in casa mi sono creato uno spazio dedicato solo al lavoro, credo si debba evitare il divano o atteggiamenti simili perché non aiutano a sviluppare la forma mentis corretta per lo smartworking. 

Qual è stata la maggior difficoltà incontrata?

Daniele: Anche se non parlerei di difficoltà, sicuramente l’inserimento di  profili junior deve essere fatto con attenzione. Per questo, nei primi mesi, vengono sempre in ufficio e sono aiutati da profili senior che si recano in azienda per formarli almeno una volta a settimana. Bisogna organizzare il proprio business e il lavoro di ogni persona orientando tutto al monitoraggio dei risultati. I nostri manager non sono manager delle sedie, ma dei risultati. 

Giovanna: La formazione delle figure junior è forse il tema più dolente perché è faticoso formare una persona a distanza, ma è una criticità che credo sia insita nel ruolo di un sales. Per il resto, ci vuole grande impegno da parte nostra per tenere in piedi questo equilibrio, dobbiamo essere bravi a tenere i rapporti tra noi: telefonarci, usare le chat di gruppo, chiederci aiuto l’un l’altro, ecc.Tutto è molto importante.

Federico: Direi nessuno. Anche la formazione dei profili junior l’abbiamo strutturata con un metodo di lavoro per cui si gestisce bene a distanza, per esempio ci accordiamo perché io possa partecipare in modalità muto alle prime call dei junior, così da lasciarli fare in autonomia ma potendo poi dare loro feedback. Abbiamo più autonomia e siamo valutati per quello che conta, i risultati.

Quanto è importante la tecnologia per il successo del remote working?

Daniele: Molte aziende, anche grandi e moderne, non usano lo smart working semplicemente perché non possono, non hanno la struttura tecnologica adeguata. E adeguarla richiede un effort notevole, sia economico sia di tempi di adattamento al cambiamento. Senza la totale digitalizzazione dei nostri processi non sarebbe possibile il remote working come lo facciamo oggi.

Federico: La tecnologia ci aiuta molto. Le persone del mio team si trovano a Bologna e con loro utilizziamo gli strumenti informatici necessari perché io veda l’avanzamento del loro lavoro circa ogni 2 giorni.

Cosa serve per compensare la distanza tra le persone?

Daniele: Poniamo molta attenzione a questo tema perché non vogliamo che le persone si sentano isolate ma parte di un gruppo, così come in ogni azienda sana. Sembra qualcosa di complicato, far sentire vicine tra loro persone molto distanti fisicamente, ma organizzando bene la cosa all’inizio poi non è difficile da mandare avanti e da trasmettere ai nuovi arrivati. Le soluzioni sono spesso semplici: abbiamo un gruppo di Whatsapp (abbiamo tutti il telefono aziendale) in cui siamo inseriti tutti e ci sentiamo ogni giorno condividendo i piccoli successi quotidiani o i piccoli problemi. Questo trimestre poi faremo le cose in grande: portiamo tutti i dipendenti tre giorni in Sicilia in un resort. Durante il soggiorno faremo una gita sull’Etna con le Jeep.

Giovanna: Non mi sento isolata dall’azienda anche se certamente alcuni pezzi della vita quotidiana dell’ufficio me li perdo, ma questo avviene per ogni commerciale sul territorio, indipendente dallo smart working.  Una volta a settimana passo un giorno intero in ufficio apposta per recuperare e sentirmi parte dell’azienda. Molto importante è anche la call settimanale con i miei colleghi d’area.

Federico: Sento telefonicamente quasi tutti i giorni i miei colleghi. Una volta a settimana ci incontriamo in ufficio perché il contatto fisico rimane fondamentale, sia per il lavoro in team sia per vivere comunque l’azienda e le sue dinamiche.

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