Cobot, chatbot, AI: l'impresa digitale in vetrina al FED
Cobot, chatbot, intelligenze artificiali. Sistemi capaci di guidare i mercati e di spingere l’economia, anche quella più tradizionale, incontro al futuro. A una condizione: che le persone tornino a essere, oggi più che mai, al centro del sistema impresa. L’avvertimento arriva direttamente dal FED 2018, la terza edizione del Forum dell’Economia digitale organizzata dai Giovani Imprenditori di Confindustria e da Facebook Italia, il 3 luglio al MiCo di Milano. Oltre trenta esperti, tra talk, demo live e tavole rotonde, hanno analizzato la via italiana alla trasformazione digitale con una specifica attenzione alle skills più richieste, sia hard che soft. Perché l’innovazione non è solo una questione di tecnologie, ma anche – e soprattutto – di cultura.
I numeri dell’innovazione
A parlare sono anzitutto i numeri: negli ultimi cinque anni, le imprese digitali italiane sono cresciute del 18%, passando da 95.400 a 113.000, e nei prossimi due anni per il fatturato del mercato digitale di casa nostra è atteso un incremento pari a 3,8 miliardi di euro con un conseguente giro d’affari da 71,4 miliardi di euro. A crescere sono soprattutto gli e-commerce, passati da meno di 9.000 a oltre 17.400 nell’arco di sei anni (+95,4%). Quanto a sviluppo dell’economia digitale, però, l’Italia si ferma al 25esimo posto in una classifica con l’Europa a 28 Paesi e come grado di integrazione tecnologica delle PMI non andiamo oltre il 20esimo posto. Non solo, pochi lavoratori hanno competenze digitali. Per quanto negli ultimi due anni accademici, il numero degli iscritti a corsi di studio in ambito digitale sia aumentato del 6,8% e i professionisti ad alta specializzazione, tra il 2011 e il 2016, siano cresciuti del 52%, il Censis stima ancora 280 mila posizioni specializzate richieste dalle imprese che da qui a cinque anni non troveranno alcuna copertura sul mercato. Segno che qualcosa nella formazione deve cambiare anche perché il 70% delle piccole e medie imprese su Facebook dichiara di preferire in fase di assunzione le competenze digitali rispetto alla scuola frequentata dal candidato.
Digitalizzare le Pmi
«Con il piano industria 4.0 le aziende italiane hanno iniziato a rivoluzionare fabbriche e processi, ma ora c’è bisogno di aggiornare le competenze dei collaboratori e di rivedere i business tradizionali in chiave digitale perché solo così potremo essere più competitivi sui mercati globali» – dichiara Alessio Rossi, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria. Dunque, ciò che più conta è l’investimento nelle digital skills: «La tecnologia può creare molti nuovi posti di lavoro, specie nella mobile economy, settore che sta crescendo moltissimo anche grazie a video e story – assicura Ciaran Quilty, Vice president Facebook Emea per le PMI – entro il 2018 gli utenti di smartphone saranno 2,5 miliardi e la spesa in pubblicità per dispositivi mobile salirà a 250 miliardi di dollari, con l’80% dei mobile data veicolati proprio attraverso i video». Per questo, non c’è più tempo da perdere: anche le PMI devono digitalizzarsi e imparare a usare il mobile marketing. «In un paese in cui le PMI rappresentano circa il 90% delle imprese è una priorità per gli imprenditori capire come poter usare il digitale per migliorare il proprio business. I numeri impongono una forte accelerazione con figure specializzate come i Chief Digital Officer di cui ogni impresa dovrebbe dotarsi» – suggerisce Luca Colombo, country director di Facebook Italy, specificando come la sola presenza nei board di una persona esperta in digitale potrebbe far aumentare la sensibilità dell’intera azienda rispetto a questi temi.
Prospettive
Nonostante i gap da recuperare siano ancora tanti, c’è chi della digitalizzazione è già riuscito a cogliere appieno le potenzialità. Basti pensare a Salvatore Aranzulla, con i suoi 600mila accessi giornalieri su Aranzulla.it, a Lanieri, società distintasi per aver innovato un business tradizionale come quello della sartoria arrivando a vendere in 55 Paesi al mondo, nonché a e-Novia, modello di business inedito in Italia che finanzia ricerche in grado di diventare imprese lavorando direttamente con il Politecnico di Milano e con l’Università degli Studi di Bergamo. E sul palco del FED sono arrivate proprio due delle sue creazioni: i robot collaborativi «Yape» e «Smart Robots».
L’orizzonte, del resto, è quello della singolarità tecnologica, come ha ricordato anche David Orban, tra gli speaker più attesi della giornata, docente e advisor della Singularity University, che ha evidenziato come stampanti 3D, apprendimento in rete, blockchain, machine learning possano avere un impatto positivo sul mondo. Cambiamenti inarrestabili che guideranno la nuova network society offrendo più opportunità alle organizzazioni, «purché però il fattore umano resti centrale» – precisa Alessandro Benetton, fondatore e presidente del gruppo di private equity “21 Investimenti” con cui ha appena acquisito l’azienda leader nel packaging ortofrutticolo, Carton Pack, con l’obiettivo di trasformarla in uno dei principali player europei del settore. «L’etica deve restare prioritaria – avverte Benetton – Per far sì che questo accade, dovremo creare un ambiente culturale che sia capace non solo di gestire, ma anche di comprendere il cambiamento. Perché il progresso non è solo qualcosa che si apprende, ma deve diventare un modo di essere».
Silvia Pagliuca